25.7.12

Espadrillas/Espadrilles


Niente espadrillas in Sardegna e ho temuto il peggio. Ne avevo comprato un paio ad Alicante in giugno. Il modello di base “made in Spain” e “cocido a mano” mi era costato 5euro in una piccola zapateria di El Altet. Durata di vita 1 settimana! Poi in Friuli mi sono servita nella “dispensa” di casa dove ce n’erano 2 paia ancora da screare. Ho scelto il paio color rosso, garantito “made in italy”. Ottima tenuta! Questo paio è sopravvissuto a una ventina di giorni di lavori nei campi, potature e dirupi. Ho dovuto ricucirle e quando ho deciso di smetterle veramente non restava più gran cosa (vedi foto). Avrei voluto comprarne un altro paio ma come ho detto in Sardegna, almeno in provincia di Oristano, le espadrillas non si trovano più. Se ho capito bene è a causa della loro breve durata. La gente preferisce scarpe in plastica di origine cinese e quel che è peggio che quando si chiedono le Espadrillas * i commercianti propongono automaticamente delle similari “made in china”, rigorosamente nere all’esterno e bianche all’interno, felpate con tessuto sintetico e risuolate con gomma ancor più sintetica. Francamente orribili e piuttosto adatte ai climi invernali. Forse dureranno di più ma io non vedo l’ora che si rompano! Speriamo che la gente non si dimentichi quali sono le vere espadrillas e soprattutto che lo sparto una risorsa economica molto ecologica (aiuta a combattere l’erosione dei suoli nelle regioni di steppe aride). Di sicuro in Francia nessuno rischia di perdere questa conoscenza. A Parigi le espadrillas si trovano piuttosto facilmente. La scelta è ampia: si passa dal modello di base “made in Bangladesh” a 4.50 euro (prezzo minimo finora registrato in zona Place d’Italie), ai 20euro per il modello base di qualità “made in France”, fino a superare i 100euro per modelli in cuoio o decorati con varie tecniche e tessuti. Fin dal mio primo viaggio a Parigi avevo messo nella mia lista di negozi speciali un cordonnier del Marais che ha una vetrina interamente dedicata alle espadrillas. Le sue espadrillas sono care, ma sono belle e certi modelli veramente originali!
La ricerca quasi spasmodica delle espadrillas in Sardegna (la mia tesi è che se compro 10 paia di espadrillas a 5euro spendo 50euro e posso tranquillamente camminare per tutta l’estate allo stesso prezzo di un paio di scarpe di media qualità che forse durerebbero una stagione) mi ha fatto anche ripensare ai nostri scarpets furlans. Forse non tutti li conoscono, come il Friuli del resto. Gli scarpets sono delle scarpette con una tomaia in velluto o cotone pesante (normalmente sono ritagli avanzati dal confezionamento di tende e giacche) rivestite in cotone bianco (vecchie lenzuola). Anche la suola è fatta di strati di cotone sovrapposto e cucito a mano. Gli scarpets da lavoro sono ingegnosamente risuolati con la gomma delle ruote di bicicletta (naturalmente bucata☺). La versione festiva presenta una tomaia classicamente nera ornata da dei florus di montagne ricamati a mano. In comune con le espadrillas e forse altre scarpe tradizionali, le suole degli scarpets sono neutre, cioè inizialmente non si distingue la forma del piede destro da quella del piede sinistro. È il proprietario (o forse i piedi stessi) a decidere dove infilarsi e a dare forma a questo prezioso oggetto che proteggerà (alpargar) i piedi senza condizionare troppo la loro particolare forma (siamo d’accordo che non c’è un piede uguale all’altro). Senza sprecare pensieri su tutto un mondo di scarpe antinaturalistiche dotate di tacchi e punte e altre diavolerie che riflettono il piacere autodistruttivo degli esseri umani, rifletto ora su quelle scarpe apparentemente comode che hanno il pregio di assecondare la forma del piede. Non saranno un po’ viziose? Forse il disegno che imita la pianta costringe come o più di quello che la snatura. Perché non credere che la libertà sia uno spazio neutro capace di ospitare la nostra speciale forma?

* Chiamate anche alpargatas o esparteñas. Sono scarpe tradizionalmente usate dai contadini e di origine antichissima. Realizzate cucendo a mano una suola in sparto o altro cordame naturale (fibra vegetale), una tomaia in cotone e risuolando con gomma naturale.

15.7.12

Quando la terra abbraccia il mare - Omaggio a Santa Maria de is aquas di Alberto Muro Pelliconi

Quest’anno ad Ales per la festa dei Santi Pietro e Paolo è arrivata la "Madonnina del mare". Questa statuetta di terracotta smaltata è della misura giusta per poterla abbracciare, anche solo con uno sguardo. Il suo posto è invece esattamente quello di una nicchia che fino ad ora era restata vuota. Questa nicchia si trova al centro dell’altare della cappella dedicata a San Michele Arcangelo, quello che col suo gesto risoluto domina baroccamente il dipinto che ricopre quasi interamente la parete che si presenta subito alla destra di chi entra nella Cattedrale di San Pietro. I toni terreni del tenero gesto che sancisce il sublime accordo tra la madre e il suo adorato figlio contrastano solo apparentemente con le tinte infuocate della scena dell’uccisione del drago. La bestia è ancora e sempre il male da sconfiggere e isolare per assicurare la continuità della vita dell’uomo sulla terra, su questa terra. E di vibrante terra, terra cotta in un fuoco che brucia a più di mille gradi è fatta questa Madonnina del mare. Al suo fianco resta invece immobile l’architettura rosea del fonte battesimale, struttura sacra radicata nel culto delle acque dolci e quindi atta a simboleggiare una vita che si prolunga nel tempo della fede. Ma prima di tutto c’era il mare e con la sua forza colossale invadeva tutto ciò che ora si può respirare. Il mare infinito abbracciato al cielo e nascosto al centro, come il nocciolo in una mandorla, cresceva il sentimento della vita. Quest’anno ad Ales è arrivato il mare e con questo il vibrante senso del nuovo, l’idea dell’altro al di là del limite che siamo “noi”*. Il mare avvolge il volto bianco e puro della madre che a sua volta è tenuto con misurata precisione dal piccolo uomo che l’ammira senza timore. Siamo nello smisurato cerchio della vita e la fisica dei colori lo evidenzia senza dubbio. Le vesti sono delle messi dorate dal sole. Calde spighe stilizzate formano la possente aureola di entrambe le figure e grosse pannocchie di mais dorato incorniciano il classico panneggio delle ruvide vesti. Il nucleo è così abitato dalla terrestre ciclicità delle stagioni e la sua forza compatta assicura il territorio come l’ancora di una nave al suo ultimo porto. La luce smaltata dei blu e dei gialli è moderata dal bianco candore dei volti e delle mani sfaccendate. E soprattutto sono i vibranti riflessi del tramonto ad Acquafrida Di lassù si vede il Golfo di Oristano e nel contempo si abbracciano i monti della Giara e le poche luci che sono i paesini di questo ostile paradiso. Il legame fra questi due mondi si respira nel vanitoso pavoneggiarsi delle onde che si abbracciano al silenzio della notte e scompaiono nel sogno del vento. * Per capire cosa rappresenta questo “noi” in Sardegna si può fare riferimento a “L’incontro” di Michela Murgia, Torino, Einaudi.