5.5.12

L’Apicoltore di Theo Angelopoulos

Tolta la maschera barocca che avvolge la Sicilia di Giuseppe Tomasi resta l’Apicoltore di Angelopoulos. Come un’immagine riflessa in uno specchio senza ombre si proietta la fine di un’epoca, la fine di un mondo e dei suoi valori, la fine di un apicoltore e delle sue api. Il brusio che accompagna la scena finale dell’Apicoltore suona come l’indimenticabile valzer del ballo girato a Palazzo Gangi, il grande ballo degli addii. Qui non ci sono decori e costumi lussuosi, qui non ci sono opulenti signori strappati all’olimpo Hollywoodiano per imitare le buffe movenze di maci devoti alla santa madre chiesa. No, qui non ci sono le luci infiocchettate dei grandi lampadari in cristallo ma solo uno scarno cielo che bacia ostinatamente la sua terra. Terra amata da sempre e perpetuamente risvegliata dal soffio di Zefiro. Qui ancora sono semplici alveari che viaggiano ammassati in uno sgangherato furgone che vede ormai solo tristezze. Ruderi, centrali elettriche, distributori di benzina, autostrade, militari, sigarette, birre in lattina, juke-boxes, malati terminali... Il paesaggio aspetta tranquillo la morte degli ultimi resistenti. La primavera anche lei aspetta…. In questa tristezza la vita appare come un fiore appena sbocciato, un’autostoppista. Da dove viene non si sa. È disorientata, non sa quello che vuole ma cerca un legame col vecchio mondo, con la storia. Per sua natura erra e poi vuole: vuole vivere e vuole morire. Piove, è primavera. Una primavera definitiva e Spyros lo sa. A suo modo, come la natura gli ha insegnato, senza parole, si congeda. Sistemata l’ultima incombenza e scattata l’ultima enigmatica fotografia, Spyros celebra l’ultimo sacrificio sull’altare di un vecchio cinema spento. È il passaggio ad un’altra epoca è il messaggio che si trasmette con la vita, con la morte. Lei se ne va da dove è venuta con la storia attaccata al collo, come un bambino che vuole la mamma. La fine di Spyros è una mattina, sull’isola, in mezzo al mare. È qui che Spyros si lascia cadere ed è qui che la primavera ricomincia la sua perpetua danza.