
Non mi sentirete parlare molto di ristoranti, né di chef. Da perfetta italiana quale ogni giorno di più mi scopro essere preferisco mangiare a casa, anche di amici. Normalmente quando viaggio o lavoro, piuttosto di avvelenarmi con cibaglie preparate senza amore, adotto la tecnica di svegliarmi in anticipo e di prepararmi un sano pasto da consumare in qualche suggestiva location scoperta camminando per strade sconosciute o in un angolino che diventa il mio personale paradiso. Il punto è che per noi italiani la cucina e il cucinare non sono giochi da prestigiatori, né operazioni chimico matematiche. La cucina è per noi il senso dell’ospitalità, lo scambio : la cultura. A tavola non desideriamo essere stupiti, ma coccolati e riconfortati di tutto quello che fuori ci invade, o meglio invade il nostro giardino incantato. Per questo in Italia l’arte della tavola è così legata alla figura materna e al suo potere salvifico nella dimensione dei sogni. La madre come la cucina sono nel nostro immaginario i guardiani dell’età dell’oro. L’appetito che abbiamo a tavola è dunque quello del bambino. Per nutrire il nostro ospite scegliamo quello che di meglio la natura sa offrire : le stagioni, i colori, i sapori chiari e distinti dei frutti di una terra rispettata. Sulla tavola degli italiani troverete dunque i pomodori dell’orto, le ciligie dell’albero della zia, il pesce che oggi il papà ha comprato al mercato (ed è stata davvero una pesca miracolosa !). In generale il cuoco non sarà mai abbastanza soddisfatto della sua opera perché raramente le ricette riveleranno il sapore vero degli ingredienti. Il segreto sarà sempre che i pomodori sappiano di pomodori e che le uova assomiglino il più possibile alle uova. Lo scopo invece, lo ripeto, sarà quello di unire i commensali in un armonioso convivio che si chiama casa (casa = amore). Tutta questa premessa non è superflua quando si parla di Giorgio Locatelli, un italiano che ho scoperto grazie alla televisione (quando ancora ne avevo una e la guardavo). Come Jamie Oliver, una decina di anni fa Giorgio animava lo schermo spiegando le sue ricette. Come Jamie Oliver rappresentava l’idea di una cucina senza peccato, la cucina dei figli che non hanno paura di prendere in mano le cose e di dargli nuova forma con gesti decisi ma rispettosi. Mentre Jamie shakerava il pollo e le patate in un cartoccio marrone da mettere in forno, Giorgio apriva la mozzarella come una rosa utilizzando le sue dita. Mentre Jamie sbatteva la teglia del forno per risvegliare gli spiriti croccanti della pasta brisé, Giorgio condiva l’insalata immergendo le sue mani nella grande terrina. La differenza sostaziale tra i due era alla base quella conoscenza innata dei prodotti che è un altra caratteristica degli italiani. Nessuno stupore di fronte ad una zucchina, per noi esiste da sempre ! Quelle grosse che si trovano al supermercato non sono vere. Le vere zucchine sono piccole e spesso sono vendute ancora col fiore. Addirittura le vere zucchine sono quelle che abbiamo nell’orto. Quello che Jamie spiegava come qualcosa di appreso, Giorgio lo trasmetteva come un racconto che da secoli si tramanda, di generazione in generazione… Mi rendo conto che la distinzione sia sottile, ma credo valga la pena insistere su questo gap, é culturale ! Ma ritorniamo a bomba : la mi agita a Londra per mangiare alla Locanda Locatelli. Ebbene è tutto vero ! Si entra e ci si sente a casa. La locanda è un po’ una nave, un po’ sott’acqua l’idea dei separé di vetro con delle onde opaline che discendono e gli specchi bombati che riflettono pensieri di pesci. Essenziale il decoro : tovaglia e tovagliolo inamidati, le posate : 2. Arriva il bicchiere e poi l’acqua Lurisia, la mia preferita tra le italiane. Con lo staff parliamo italiano, in inglese con i vicini di tavolo. Sono Judy, che festeggia oggi il suo compleanno e Roy, suo marito. Loro hanno già finito l’antipasto. Cominciamo a parlare del Belgio e dell’Italia, quasi subito della famiglia. Ordino il Branzino alla Vernaccia di San Gimignano in crosta di pomodoro con puré di carciofi e poi l’insalata di rucola e datterini che chiedo di portare come antipasto. A completare il decoro della tavola arrivano un bicchiere di grissini stirati a mano e un paniere di legno liscio riempito di focaccine, mini pizzette e una rosetta. Nel frattempo Judy e Roy ricevono il primo. Sono i Malfatti con ripieno di ricotta, noci e melanzane. Li vedo scomparire e poi ritornare nel sorriso dei convitati. L’Italia è sempre più vicina, ci raccontiamo i nostri lavori e le nostre vite… arrivano i secondi ! Judy ha preso il Nasello in scabeccio (con coriandolo, aglio e finocchi), Roy il Vitello al saltimbocca, parmigiana di melanzane e finferli. Intanto io mangiucchio la mia insala di rucola e pomodorini e sento il sapore dei datterini e quello della rucola. I pomodori sono ottimi, mentre la rucola, di cui ho riscoperto il vero sapore durante il mio viaggio i Italia della settimana scorsa é solo sufficiente. Ad ogni modo l’insalata è condita perfettamente, penso e spero mescolata con le mani, anche se non da quelle di Giorgio visto che lui si trova in Sicilia, in vacanza : meritata!

E finalmente arriva il mio branzino. Il piatto è intrigante. Al centro, sul letto di puré di carciofi c’é il filettino. Aperto in due, la crosta all’insù, formata sulla pelle che comunque resta morbida. La gratinatura di pomodoro ricorda un po’ le spugne di mare e l’insieme della composizione una tartaruga. La Vernaccia di San Gimignano è raccolta nei calici di carciofo e l’unico modo di godersela sembra quello di prendere le foglie e succhiarle, come si fa a casa. Non ci penso nemmeno su e mi lascio andare (della macchia sulla camicia mi accorgerò soltanto più tardi!). Alla fine sono contenta, ho mangiato bene, in buona compagnia e ciò che più importante mi sono dimenticata di tutto il resto. Ordino il caffé e parlo del tiramisù con Judy e Roy. Il caffé è illy! arriva accompagnato da un piattino con due amaretti, due tartufi al cioccolato e due pezzetti di pasta di frutta. Ahimé, è l’ora del commiato, il lavoro mi attende! Ci immortaliamo a vicenda, ci salutiamo e ci diamo appuntamento a presto perché questo è il senso di una tavola che si rispetta : tornare!